Tutti sono atleti
La convinzione che siamo tutti atleti è un aspetto importante
In genere, tendiamo a suddividere la popolazione dei pazienti in atleti e non atleti. Anche i soggetti più sedentari sono in realtà atleti, ma inattivi e fuori forma, cui manca letteralmente solo un passo per diventare “più atletici”. In ragione dei benefici potenziali, tali pazienti sono forse i più importanti da aiutare.
Molti di essi sono riluttanti a praticare l’esercizio fisico in quanto lo considerano un’attività del tipo “se non si soffre non c’è risultato”. Vedono corridori per la strada che sembrano lottare allo stremo delle forze, lezioni di aerobica dall’apparenza decisamente troppo avanzata e sale pesi piene di corpi scolpiti.
Se comprendessero che una semplice camminata leggera, portata gradualmente a una durata di 30 minuti per quattro o cinque volte la settimana, può migliorare la loro salute in modo sostanziale, accetterebbero volentieri di cominciare. Inoltre, molti pazienti sono intimiditi (e imbarazzati) all’idea di allenarsi gomito a gomito con persone dal fisico apparentemente “ideale”. Per questi pazienti diviene particolarmente importante lo strumento dell’educazione.
Gli atleti non sono i soli a poter beneficiare della medicina complementare. Il fatto è che ogni problema dei muscoli rotatori della spalla è unico, che ogni fascite è diversa e che non vi sono due tendiniti di Achille assolutamente identiche. Ne segue che ogni paziente è diverso e individuale.
Nella medicina sportiva complementare, le modifiche “su misura” del programma di allenamento del singolo atleta sono una parte importante del processo terapeutico.
Non dobbiamo attendere la manifestazione di un sintomo, il peggioramento della prestazione o la comparsa di un altro indicatore legato al risultato finale per scoprire che il programma di quel paziente non si adatta alle sue esigenze specifiche.
di Philip Maffetone – Medicina sportiva complementare